25 aprile: Festa della Liberazione

Gli eroi della Liberazione credevano in un’Italia libera e unita. Come Germano Nicolini, detto “il comandante Diavolo”, che a 85 anni esortò i giovani a continuare in questa lotta. Oggi l’Italia non è libera né unita. Lo vediamo ogni giorno: con i condizionamenti e le infiltrazioni delle mafie, di recente con le offese di stampo leghista e razzista vomitate da Vittorio Feltri.

di Giuseppe d’Ippolito

Il 25 Aprile rinnova il senso dell’impegno partigiano per il Paese, per un mondo migliore che ancora non è arrivato. Tuttavia ogni volta c’è chi tenta di stravolgere, cambiare, sminuire il significato della Festa. Per esempio il senatore La Russa, che ha proposto di trasformare l’anniversario della Liberazione in ricorrenza delle vittime del coronavirus. Scopo della trovata è alterare la memoria della Resistenza, facendo leva sui sentimenti comuni, sul dramma delle famiglie dei deceduti, sulla partecipazione emotiva degli italiani, chiusi in casa e toccati dalle immagini del dolore. Giorgio Gaber chiamava “deamicisiani” quelli che, come La Russa, speculavano sulla sofferenza umana. Lo stesso parlamentare aveva cercato di annebbiare il significato delle celebrazioni del 25 Aprile. Sostenne pure che dovesse essere una festa di tutti i caduti, senza distinguere chi fosse dalla parte giusta e chi dalla parte sbagliata. Ma una parte fu artefice di eccidi, campi di sterminio e torture, mentre l’altra versava il proprio sangue per affermare la democrazia.

Celebrare e difendere il 25 Aprile è prendere un impegno con la storia, con il passato e con il futuro: il passato di quanti hanno dato la vita per amore dell’Italia; il futuro fatto di testimonianze, di cammino condiviso per l’unità e la libertà.