Ciao Mario, Padre simbolo e uomo coraggioso
Mario Congiusta se n’è andato. Si è spento nell’ennesima battaglia, stavolta contro una brutta malattia. Padre di Gianluca, giovane vittima di ‘ndrangheta che non aveva accettato di piegarsi alla prepotenza e arroganza della criminalità, ha lottato per avere giustizia in una regione generosa e amara come la Calabria; in un Paese, l’Italia, in cui l’indifferenza e la complicità hanno finora dominato tra raro eroismo e diffusa rassegnazione.
Di Mario ricordo bene la figura: composta, minuta fuori e grande dentro: per il coraggio, la resistenza, la forza d’animo anche davanti a torti e storture del sistema pubblico, a partire dal potere politico.
Spesso abbandonato, come nella piazza vuota di Siderno in una diretta di Riccardo Iacona, ha speso ogni energia per sete di verità; per colmare, con la condanna – mai arrivata – degli assassini del figlio, la ferita al cuore procuratagli dal violento e vigliacco omicidio di Gianluca, sparato al volto con un fucile da caccia, dopo aver superato una terribile leucemia.
Per dieci anni e passa, Mario ha tribolato con la famiglia, inseguendo quella giustizia umana che ancora oggi, nel 2018, è soffocata da norme assurde e vergognose, come l’impossibilità di utilizzare nei processi la corrispondenza dei carcerati.
Mario provò l’impegno politico: nel 2010 si candidò a consigliere regionale della Calabria. Non fu eletto, ma di quell’assemblea legislativa vennero arrestati tre componenti per ‘ndrangheta e il governatore finì in carcere a conclusione del processo Fallara. E girò per le scuole, Mario, a raccontare da padre simbolo il suo sogno di riscatto della terra, della gente calabrese. Con la dignità, la compostezza e la coscienza che l’hanno sempre contraddistinto.
Rammento una lettera pubblica che Mario Congiusta mandò nel 2012 all’allora “Quotidiano della Calabria”, da cui nacque un intenso dibattito sul perdono dei mafiosi da parte della Chiesa. Il dolore lucido di Mario scosse gli intellettuali calabresi, che si schierarono al suo fianco contro l’assoluzione degli ‘ndranghetisti. Seguì un lungo silenzio, tranne poche eccezioni, davanti al dramma della famiglia Congiusta, cui la giustizia, chiusa tra le sbarre della legge e del diritto, ha da ultimo voltato le spalle.
La voce di Mario, mai piegata dalla sofferenza, deve risuonare ancora. E mai più in solitudine. Abbiamo il dovere morale e politico di amplificarne il messaggio. Perché la vita e la libertà sono sacre, a prescindere dalla morte.
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