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La ‘Ndrangheta come vizio dell’imbroglio

Vi posto una mia riflessione, appena pubblicata dal Corriere della Calabria, che ho scritto meditando sulla notizia dell’inchiesta che tocca il governatore della Calabria, Gerardo Mario Oliverio, cui la Procura di Catanzaro contesta il reato di abuso d’ufficio. Basta con le chiacchiere e la retorica, è l’ora della lotta politica agli abusi nell’amministrazione pubblica della Regione e dei Comuni. In sintesi: ‘ndrangheta non è solo l’organizzazione criminale, ‘ndrangheta è un modo di pensare e di agire contro la comunità.
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«Bisogna reagire contro le incrostazioni alla Regione»

di Giuseppe d’Ippolito*

Merita un’articolata riflessione politica la notizia di indagini a
carico del governatore Mario Oliverio, cui è contestato il reato di
abuso d’ufficio. Con l’obiettivo di preservare pacchetti di voti,
secondo la Procura di Catanzaro, guidata da Nicola Gratteri, dalla
Regione Calabria avrebbero forzato la mano – con la partecipazione del
presidente Oliverio – a proposito del distacco di un dipendente pubblico
presso l’azienda regionale Calabria Verde.
Si tratta di un’ipotesi molto grave, che riguarda anche Franco Iacucci,
presidente della Provincia di Cosenza e, da poco in comando alla
“Cittadella”, ritrovato sodale politico di Oliverio.
All’indomani dalla notizia riguardante Oliverio, mi pare che soltanto il
Movimento 5stelle abbia chiesto al governatore di chiarire i fatti ai
calabresi e di riferire in Consiglio regionale. Ciò è indicativo, al
netto di richieste analoghe che a ruota dovessero giungere da esponenti
di altre bandiere, della diffusa mancanza di autonomia politica in Calabria.
Il punto è che esistono, come del resto ha spesso avvertito il direttore
del “Corriere della Calabria”, Paolo Pollichieni, rapporti trasversali
tra pezzi dell’amministrazione pubblica regionale ed eletti; in una
parola, «incrostazioni». Una riprova sta nella (mera) rotazione dei
dirigenti apicali della Regione Calabria sotto Oliverio, gira e volta
sempre gli stessi; alcuni famosi per cumulo di incarichi e funzioni. Non
solo, il dato non cambia se guardiamo alla gestione delle aziende
sanitarie: in taluni casi affidata a “manager quattro stagioni”
sopravvissuti ai diversi governi regionali; in altri a “impavidi” che
hanno perfino snobbato convocazioni del commissario per l’attuazione del
Piano di rientro dal disavanzo sanitario.
Negli ultimi cinque anni il Movimento 5stelle, che pure non ha propri
consiglieri a Palazzo Campanella, ha controllato a fondo l’attività
degli uffici e le nomine regionali, presentando numerosi esposti alle
Procure e alla Corte dei conti. In continuità, ho chiesto alla Regione
Calabria di conoscere tutto sugli incarichi esterni: titolari, tipologie
e verifiche su requisiti, inconferibilità e incompatibilità. Questo
poiché, a prescindere dai colori della politica, abusi e favori sono una
costante delle amministrazioni regionali susseguitesi nel tempo. Vi sono
rapporti di potere, nel groviglio della burocrazia di Regione e Comuni,
che sopravvivono alle maggioranze del momento. Bisogna individuarli e
spezzarli politicamente.
Ancora, ho chiesto all’Avvocatura regionale di sapere in quali singoli
procedimenti, non soltanto relativi a presunti reati di mafia, la
Regione Calabria si sia costituita parte civile. Non ho compreso le
ragioni per cui, per esempio, la Regione non l’abbia fatto nel processo
a Castrovillari sulla presunta truffa dei boschi, che tocca Calabria
Verde e in cui è imputato il capo di gabinetto della Presidenza della
giunta regionale. Di contro, la costituzione è avvenuta in altro
processo a Catanzaro, in cui è sempre coinvolta la gestione di Calabria
Verde.
Senza generalizzare, il procuratore Gratteri ha più volte sottolineato
quanto, violando leggi e contravvenendo a doveri specifici,
l’amministrazione pubblica concorra, in Calabria, alla perpetuazione
delle logiche di sottosviluppo, che alimentano disparità e povertà,
agevolando il dominio della ‘ndrangheta sul territorio e dunque lo
spopolamento di paesi e città. Noi politici lo applaudiamo, poi restiamo
sulle nostre.
Spesso il malaffare e le connivenze stanno nei palazzi della burocrazia,
ma si fatica ad ammetterlo. La ‘ndrangheta è un’organizzazione criminale
forte, pericolosa e purtroppo capace di infiltrarsi; soprattutto laddove
la politica è debole, supina e rassegnata. La magistratura e le forze
dell’ordine combattono l’antistato con fatica, con sacrificio e spesso
con mezzi insufficienti; non di rado con tremendi e assurdi ostacoli
istituzionali.
Va detto che esistono anche una cultura, una mentalità e una prassi
mafiosa, legate o meno alle consorterie e trame della ‘ndrangheta in
senso stretto. Si tratta, di un fenomeno noto quanto ignorato a
oltranza. Mi riferisco a vicende, a scelte amministrative determinate da
clientelismo, familismo, ingerenze dei partiti politici e perfino da
possibili, probabili influenze massoniche; almeno stando a quanto
riportato dall’informazione libera sulla presenza di dirigenti e
funzionari pubblici negli elenchi dei massoni calabresi acquisiti
dell’ultima commissione parlamentare Antimafia.
La politica continua a ritenere mafioso, anche per comodità, soltanto
ciò che è riconducibile alla ‘ndrangheta classica. Intanto, come negli
anni ha dimostrato il Movimento 5stelle calabrese, davanti a
segnalazioni di pesanti illegittimità amministrative gli organi
(politici) di controllo, cioè i consigli regionali e comunali, in genere
tacciono e non intervengono. Inoltre, le strutture interne di
anticorruzione non hanno, per le norme vigenti, oggettive condizioni di
autonomia, mentre i collegi dei revisori rimangono piuttosto all’angolo.
Occorre reagire alla svelta, intanto assumendo una posizione chiara
sulla trasparenza degli uffici e degli incarichi pubblici; a partire
dalla frequente, incompleta pubblicazione dei dati richiesti dalla legge
sui portali istituzionali dei vari enti. Non possiamo accettare nomine
illegittime, forzature sulle regole e latitanze, barriere sui controlli.
Né possiamo ignorare il problema di fondo, cioè la diffusa parzialità
amministrativa, lasciando alla giustizia il compito di accertare i
fatti, di reprimere i reati e di intervenire sui conti pubblici.
Per questo, bisogna compiere una scelta di campo. Di là dalle
appartenenze, siamo chiamati dalla realtà a un’azione politica, e
sottolineo politica, di contrasto effettivo delle pratiche
amministrative illegittime od illecite.
In pratica, per neutralizzare la retorica del governatore Oliverio in
tema di legalità e trasparenza, invito il consiglio regionale a
esercitare i propri poteri di controllo sulla questione dei direttori
generali, da rimuovere per legge, delle aziende sanitarie che non hanno
raggiunto l’equilibrio di bilancio. Invito il consiglio regionale a
occuparsi del surplus di finanziamento, illegittimo, che la Regione
Calabria dà al policlinico universitario di Catanzaro dal 2012,
quantificato in circa 10 milioni all’anno in più di quanto consentito
dalla normativa nazionale. E invito il consiglio regionale ad attivarsi
per conoscere l’effettivo stato delle cose in merito alla costruzione
dei nuovi ospedali calabresi, nonché per recuperare le somme che
dirigenti e consulenti nominati contro legge abbiano percepito
illegittimamente. Per ultimo, invito i consigli comunali a verificare
senza timore le procedure riguardanti le gare bandite dai singoli
municipi, tanto per i servizi essenziali quanto per gli affidamenti
all’esterno e la realizzazione di lavori pubblici.
Come deputato del Movimento 5stelle, mi impegnerò per modificare le
norme sulla vigilanza interna degli enti in materia di anticorruzione,
in modo da garantire la piena indipendenza ed efficienza dei soggetti
preposti.
La ‘ndrangheta non è soltanto l’organizzazione criminale dei riti, delle
stragi e dell’impresa illegale. La ‘ndrangheta è anche e soprattutto un
modo di pensare e agire nell’amministrazione pubblica. Non possiamo
dimenticarlo né possiamo inseguire il consenso elettorale trincerandoci
in atteggiamenti di silenziosa complicità. Ne va del futuro dei nostri
figli, della nostra terra.

*Deputato M5s

4 Comments

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