Tribunale di Cosenza: E’ opportuna un’ispezione ministeriale
Insieme ai colleghi deputati del MoVimento 5 Stelle Francesco Sapia, Alessandro Melicchio, Anna Laura Orrico, Elisa Scutellà e Riccardo Tucci ho chiesto al ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, «se non ritenga urgente» valutare l’esistenza dei presupposti «per avviare iniziative ispettive» nell’«intera area penale e civile del Tribunale di Cosenza».
Si tratta di una nuova interrogazione, che integra la nostra dello scorso luglio riguardante indagini della Procura cosentina. Stavolta abbiamo osservato che «presso il Tribunale civile di Cosenza non risulta concluso il primo grado di giudizio, a distanza di oltre 10 anni dall’azione, per rilascio dei locali, del Comune di San Giovanni in Fiore nei confronti della residenza per anziani» che si trova dentro l’Abbazia Florense, monumento religioso del XIII secolo.
Una vicenda che non ha eguali in tutta Italia, caratterizzata da aspetti gravissimi, omissioni, irresponsabilità pubbliche, abusi amministrativi e documenti falsi. È evidente che una casa di riposo non può stare in un’antica e prestigiosa abbazia, ma finora, nel pieno vigore del tuttappostismo calabrese, nessuno è stato chiamato a rispondere di questo scandalo.
Nell’interrogazione odierna abbiamo fatto riferimento anche a un «decreto di archiviazione del Gip di Cosenza relativo a un procedimento penale a carico dei giornalisti Emiliano Morrone e Carmine Gazzanni in cui si riconosce che “non è vero” un parere rilasciato dall’avvocato Gaetano Pignanelli», funzionale all’esercizio dell’attività dentro l’Abbazia florense della casa di riposo, accreditata dalla Regione Calabria.
All’epoca, abbiamo ricordato, Pignanelli «lavorava al Comune di San Giovanni in Fiore, poi diventò responsabile dell’Ufficio legale della Provincia di Cosenza sotto la presidenza di Gerardo Mario Oliverio, che, eletto governatore della Calabria, lo nominò capo del suo gabinetto».
«In sintesi – abbiamo precisato – la posizione dei suddetti giornalisti fu archiviata per aver scritto un fatto vero, ma poi non sarebbe stato indagato l’autore del parere in questione, ritenuto falso dallo stesso Gip».
Nell’interrogazione abbiamo evidenziato pure che «in un’inchiesta del 2014 della Procura di Cosenza su una vicenda di erogazioni pubbliche relativa a un progetto scolastico, vi è una palese discrasia tra le documentate e argomentate risultanze delle indagini delegate e i successivi capi di imputazione, con successiva assoluzione da parte del giudice perché il fatto non costituisce reato».
«Detta discrasia – abbiamo concluso – si riscontra anche in ordine alle somme dedotte in seguito agli accertamenti investigativi, conclusi con ipotesi di truffa, tuttavia sostituita in fase di classificazione dei reati».
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